Vietare il finanziamento Privato ai Partiti

Voglio andare controcorrente rispetto alle attuali posizioni prese dal Partito Democratico nei confronto del finanziamento pubblico ai partiti.

Partendo dal presupposto che l’attuale sistema è sbagliato e va riformato credo che sia completamente sbagliato abolire il finanziamento pubblico ai partiti e che anzi il vero cancro da estinguere sia quello privato. Vi spiego perchè.

Permettendo solamente il sistema di finanziamento privato, regolarmente rendicontato in modello USA, si creerebbero dei conflitti d’interesse con le grandi imprese finanziatrici che comprometterebbero la terzietà e imparzialità dei vari esponenti o partiti politici. Questi soggetti sarebbero più restii a promulgare una legge che danneggi uno o più di questi soggetti finanziatori. In questo caso si avrebbe un sistema di corruzione legalizzato in cui le imprese che possono permetterselo, pagando le campagne elettorali, tengono i vari partiti sotto scacco, ricattandoli di cavagli la sottoscrizione in caso di legge contraria al loro interesse.

C’è chi potrebbe sostenere che ciò avviene già. Può essere, anzi sicuramente in molti casi già è cosi, ma il problema non si risolve abolendo il finanziamento pubblico ma anzi vietando quello privato. In questo modo si eliminano tutti i casi di conflitto d’interesse.

Le manovre per rendere efficace ciò sarebbero diverse:

1. Vietare le sottoscrizioni a partiti politici superiori a €1000. In questo modo i partiti si possono comunque finanziare con le tessere dei militanti e con le varie feste e cene di autofinanziamento.

2. Vietare la partecipazione in fondazioni da parte di politici. 

3. Rimborsare i costi della campagna elettorale attraverso la costituzione di una sezione specializzata presso la Corte dei Conti e non permettere che i soldi vengano gestiti da privati cittadini (es. Tesorieri). In questo modo i soldi non arrivano direttamente nelle casse del Partito ma vengono erogati in virtù di una effettiva spesa.

4. Mettere un tetto massimo alle spese della campagna elettorale. Fissare dei costi standard per l’acquisto di materiale cartaceo, radio, cene, costi per le sale che ospitano le iniziative. Mi spiego meglio: lo Stato, attraverso la Corte dei Conti, pagherebbe direttamente i costi della campagna elettorale dei partiti entrati in Parlamento dopo il deposito delle relative fatture. Inoltre la Corte rimborserebbe solamente i costi rientranti negli standard fissati per legge. Se per stampare 10.000 volantini formato 20x10cm si spende intorno ai 200 Euro, non si capisce perchè uno li debba pagare 400 Euro. Quindi lo Stato ti dice semplicemente che per 10.000 volantini ti rimborsa quella cifra. Lo Stato poi dovrebbe istituire un registro in cui i Partiti possono trovare le imprese che forniscono il materiale al dato prezzo, in modo da non avere alibi.

La proposta di abolire il finanziamento pubblico segue l’indignazione data dagli sprechi e dalle ruberie avute in questi anni. Quello che si deve capire è che la soluzione per rendere democratico il nostro Paese non è quella di eliminare tout court il costo dei Partiti ma regolamentare le malattie del nostro paese per far in modo che i parlamentari rispondano solo ai propri elettori e non ad un alveo oscuro di cricche di imprenditori.

 

Comunicato Stampa 14.11.12

Anche nel nostro tessuto produttivo la crisi si fa sentire. La disoccupazione giovanile ha toccato soglie preoccupanti, arrivando al 17% dei giovani fra i 16 e i 24 anni. Il nostro sistema scolastico regge, nonostante i pesantissimi tagli, anche grazie all’aiuto delle imprese del territorio che da anni hanno capito che l’investimento nell’istruzione è la strada migliore per essere competitivi.

Le politiche di Austerity proposte in questi anni di fortissima crisi non possono fare altro che peggiorare ulteriormente la situazione, accentuando le disuguaglianze già esistenti. I tagli ai diritti, alla sanità, alla scuola e la precarizzazione del lavoro sono parte di un disegno politico che noi combattiamo.

Stiamo meglio se stiamo meglio tutti. Nessuno deve essere lasciato indietro, soprattutto ora.

Per queste ragioni come Giovani Democratici e Federazione degli Studenti di Imola parteciperemo allo sciopero di Mercoledì in Piazza Gramsci in ambito della mobilitazione europea “Per il lavoro e la solidarietà contro l’austerità”.

Marco Cavina – Resp. Economia e Lavoro Giovani Democratici Imola

Laura Moltoni – Resp. Scuola Giovani Democratici e Resp. FDS Imola

Più Europa, meno Cina


La regione Emilia-Romagna ha varato un piano da 46 milioni di euro a favore dell’occupazione giovanile. Noi Giovani Democratici della Federazione di Imola condividiamo la presa di posizione che traspare attraverso questa manovra, ovvero la volontà di intervenire sui reali problemi del lavoro, di andare in controtendenza rispetto alle proposte, mediate favorevolmente dall’intervento del Partito Democratico, del Ministro Fornero.
Noi Giovani Democratici siamo stanchi di riforme che mirano a spostare il diritto del lavoro sull’asse indio-cinese. Non si può competere sul prezzo dei beni prodotti in paesi dove i diritti, e quindi i salari, sono paragonabili a quelli italiani dei primi anni del secolo scorso. La concorrenza, a livello globale, deve avvenire sul piano dell’alta tecnologia e dell’innovazione. Per fare ciò, e continuare a mantenere i nostri standard di vita, bisogna smetterla di tagliare i fondi alla formazione, alla ricerca e allo sviluppo.
Bisogna riformare la legge Biagi, fulcro di una grave e iniqua distribuzione del potere contrattuale a danno dei lavoratori, e sostituire un sistema previdenziale, efficace negli anni 70 ma superato nel 2012, in quanto cieco nei confronti di tutte le forme contrattuali introdotte nel 2003. Si può continuare a lungo: il peso fiscale deve essere spostato dal reddito al patrimonio, manifesto inequivocabile della capacità contributiva di una persona. Bisognerebbe, inoltre, far notare al Ministro Fornero che la diminuzione dei costi e della burocrazia gravanti sull’impresa è un problema ben maggiore di tanti altri portati all’attenzione dei mass media in questo periodo.
Il Presidente Errani e la Giunta regionale, attraverso l’istituzione di un fondo per l’apprendistato, uno per la stabilizzazione e l’assunzione, il fondo 30-34 e quello fare impresa, volgono lo sguardo nella direzione giusta e da noi Giovani Democratici auspicata.
In Italia il 29% dei ragazzi dai 15 ai 29 è disoccupato. In Emilia-Romagna il dato si abbassa al 13,5%.
Per aumentare l’occupazione bisogna smetterla di lisciare solamente il pelo a Confindustria con palliativi come l’articolo 18 e puntare ad una riforma seria e concreta volta al futuro. Il tempo della propaganda populistica e miope deve terminare.

Marco Cavina – Responsabile Economia Giovani Democratici Federazione di Imola 

E ai mafiosi chi ci pensa?

Qualche giorno fa è stato firmato un accordo di stretta collaborazione fra Comuni, Agenzia dell’Entrate, Agenzia del territorio e INPS. Se il Comune segnalerà un caso di possibile evasione, incrociando i vari dati, gli verrà attribuito il 100% di quanto non è stato pagato allo Stato.

Un passo fondamentale alla lotta all’evasione anche perchè il nostro paese è al primo posto in Europa per questo tipo di reato. Colpire tutti quei commercianti e industriali che vanno in giro in SUV e dichiarano 20.000 € lordi all’anno deve essere priorità del Governo. Il contributo dei Comuni, oramai stretti dal patto di stabilità e dai tagli statali, sarà sicuramente determinante per la lotta all’evasione.

A mio avviso però manca una parte fondamentale di manovre riguardanti la lotta all’evasione fiscale: la mafia.

Qualche giorno fa, Roberto Saviano ospite da Fabio Fazio su Rai 3 riprendeva ciò che disse alle “Invasioni Barbariche” di Daria Bignardi su La7 ovvero che il problema economico principale in Italia è quello mafioso e che bisogna impedire che la crescita tanto auspicata sia quella derivante dal riciclaggio.

Il Governo Berlusconi ha sicuramente contribuito a diminuire questo sforzo nel contrasto con i poteri illegali, tagliando i fondi alle forze di polizia, cercando di bloccare con varie leggi l’uso delle intercettazioni, aumentando il limite dell’uso dei contanti a 5.000 €, solo per citarne qualcuno, e commettendo numerose omissioni legislative che avrebbero favorito lo Stato in questa guerra.

Bisogna intervenire sui capitali e beni mafiosi sequestrati, diminuire l’utilizzo di contanti (si poteva arrivare al limite dei 500 € al posto che 1000), ristabilire come reato penale il falso in bilancio (depenalizzato dal Governo Berlusconi nel 2001), senza andare a citare tutte le misure contro la corruzione (nel 1993, ai tempi di “mani pulite”, la Corte dei Conti poneva a l’equivalente di 5 miliardi di euro il danno da corruzione, ora è calcolato a 60 miliardi).

Se l’aumento della tassazione, unito ad un maggiore controllo fiscale, non è corrispettivo ad una riduzione degli sprechi e quindi ad un aumento dei servizi e ad una seria lotta alla criminalità organizzata allora sarà soltanto un cane che si mangia la coda.

 

Ronde fiscali

Qualunque economista sa che tagli e tassazione lineare, come ad esempio l’aumento dell’IVA o delle accise sul carburante, sono strumenti estremamente redditizi per lo stato. Ma, allo stesso tempo, qualunque economista sa che i tagli e la tassazione lineare implicano una disparità sociale importante ed ancora più importanti sacrifici.

Un aumento del costo della vita di 100 euro al mese, dato da aumenti di acqua, luce, gas, carburante, prezzi dei beni di consumo eccetera, verranno infatti avvertiti in maniera estremamente differente da chi percepisce uno stipendio di 1.000 euro al mese (come un’operaio), mentre avrà un peso totalmente diverso per chi invece percepisce un reddito di 5.000 euro al mese.

Già questa disparità sono motivo di lamentele da parte della fascia del basso e medio reddito. Come se non bastasse, a questa disparità si sommano gli effetti dell’evasione fiscale e del pessimo uso che si fa delle risorse pubbliche.

Non insisterò sull’evasione quanto sul cattivo reinvestimento. Il sentimento comune è che troppo venga chiesto in termini di prelievo fiscale e troppo poco venga restituito in termini di servizi. Personalmente, sono pienamente d’accordo con questa linea di pensiero. Fatta eccezione per alcune zone, in cui tali servizi possono essere considerati in linea con gli standard nord-europei (Emilia-Romagna e Imola in primis), l’Italia accusa una forte disparità in questo senso.
In periodi di crisi, di debito pubblico a valori record, di sacrifici, più che chiesti, imposti, è importante come mai che vi sia da parte delle pubbliche amministrazioni una riduzione degli sprechi di cui sempre più spesso abbiamo notizie. in alcune zone la P.A. è diventata soprattutto ammortizzatore sociale (a “pensare positivo”).
Ad esempio, come scrive Pietro Ichino, giuslavorista del PD, in un suo recente libro, nella pubblica amministrazione ci sono enormi sacche di inefficienza: i c.d. fannulloni (eh si, Brunetta non si è inventato nulla, fannullone che non è altro!).

E questo è solo un esempio. Ci sono opere inutili (le c.d. grandi opere adorate tanto da Berlusconi) che vanno bloccate a favore dell’allentamento del patto di stabilità. Ad esempio, per la TAV, da Torino a Lione, che vedrà interessata una minima parte del paese, verrano spesi 8,2 MILIARDI di euro pubblici, e allo stesso tempo le ferrovie dello stato dedicano alle tratte interregionali treni sporchi, fatiscenti e risalenti, i nuovi modelli, agli anni 90’.

Io sono d’accordo sullo Stato di Polizia fiscale, a differenza dell’onorevole (mah) Santanchè e di tanti altri del PDL e Lega. Chi evade ruba a me e a tutti noi, come se ci entrasse in casa e ci portasse via la televisione e i gioielli. Però serve, unito a ciò, una vera riforma fiscale dove il controllo sia decentrato ai cittadini.

La chiamerei, in onore dei cari amici leghisti tanto sostenitori della sicurezza fai da te, le ronde fiscali. Queste si che mi piacciono.